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Friday, 3 October 2025

Il segreto di un’amicizia (Racconto)


Ci siamo conosciute a una festa di una tua compagna di classe in un palazzo signorile della Via Libertà. Io frequentavo il liceo scientifico e tu il classico. Io volevo diventare ricercatrice e tu professoressa di latino e greco. Quella sera indossavi una camicia a quadrettoni blu e celeste di almeno due taglie oltre la tua. I Nirvana erano la tua band preferita e cercavi di imitare lo stile grunge del cantante Kurt Cobain. I capelli ti arrivavano dritti alle spalle e ti coprivano parte del viso. Forse era un modo per nasconderti agli altri. Io non avevo ancora trovato il mio stile. 

Ricordo che eri in piedi in un angolo del soggiorno vicino alla finestra. Con la mano destra stringevi il bicchiere di plastica. Hai bevuto un sorso di aranciata e dalla tua espressione buffa ho immaginato che fosse amara. Mi è scappata una risata e hai alzato lo sguardo verso di me. “Che ci facciamo qui?” sembrava dire il tuo viso. Era evidente che neanche tu ti sentivi a tuo agio tra le chiacchiere evanescenti e le risate degli altri invitati. Sarà stato per questo che si è subito creato un legame tra di noi.

Quando penso alla nostra adolescenza, rivedo la spiaggia di Mondello. Le nostre estati profumavano di crema solare e avevano il sapore di una brioche con gelato e panna. Le capanne celesti erano le nostre case di villeggiatura, complete di vicini curiosi e terrazzino per ripararci dal sole durante le ore più calde. Ci incontravamo la mattina presto, quando i bar del lungomare emanavano odore di caffè e ciambelle zuccherate, e rimanevamo fino al tramonto, quando i cortili si svuotavano e i ragazzi giocavano a calcio a piedi scalzi, come sulla spiaggia di Copacabana. Tu non volevi mai fare la doccia dopo il bagno. “Adoro la sensazione del sale che pizzica la pelle!” dicevi.

Una sera siamo rimaste con i nostri amici a mangiare la pizza dopo esserci arrampicati sui tetti di legno rossi scoloriti dal sole. È stato allora che ho visto la mia prima stella cadente.
“Esprimi un desiderio, ma non dirlo a nessuno se no non si avvera!” hai esclamato. 
“Nemmeno a te?” ho chiesto.
“Soprattutto non a me,” hai risposto con un sorriso complice. 

A Ferragosto facevamo il bagno di mezzanotte. Tu avevi paura delle meduse e ti faceva impressione immergerti nell’acqua scura. Io invece non ci pensavo proprio e puntavo il mare tenendoti per mano: 
“A quest’ora le meduse dormono!” ridevo.
Mi piaceva lasciare le impronte sulla sabbia umida.
In quegli anni l’estate sembrava interminabile.

D’inverno uscivamo con la comitiva conosciuta in spiaggia e ci ritrovavamo in una delle piazze del centro città. Non entravamo nei locali, ma stavamo fuori a chiacchierare e scherzare, illuminati dalla luce gialla e soffusa dei lampioni. Le nostre serate si concludevano ai tavolini di un chioschetto tra le palme, avvolti dalla fragranza dei cornetti caldi con la nutella. Ma il nostro momento preferito era quando ci ritrovavamo a casa tua, con una tazza di camomilla bollente tra le mani a parlare di tutto e di niente fino alle prime ore del mattino. Una volta abbiamo riso così forte che abbiamo svegliato i tuoi genitori. “Va’ cuircati!” ha gridato tuo padre dalla loro camera da letto e noi a sbellicarci ancora di più. 

I ragazzi provavano ad avvicinarsi, ma li tenevamo a distanza. Ridevamo con loro e di loro. Prima o poi doveva succedere che una di noi si trovasse un fidanzatino. 
“State insieme?” ti ho chiesto con tono incredulo. 
È stato un brutto colpo, quasi come un tradimento. La nostra amicizia aveva qualcosa di possessivo. Eravamo anche gelose delle altre amicizie femminili. Ma il tradimento più grande per te è stato quando sono partita per andare a studiare fuori. È stata la prima volta che non ci siamo viste per mesi. Ti sei sentita sola, lo so. Non è facile per chi parte, ma per chi rimane è ancora più difficile. 

La prima cosa che ho fatto quando ho chiuso la porta della mia camera nella residenza universitaria è stata appendere le nostre foto alle pareti, oltre al poster della baia di Mondello fotografata dall’alto di Monte Pellegrino. Dal mio letto fissavo il turchese del mare che si fondeva con l’azzurro del cielo e per un attimo dimenticavo il tempo uggioso e mi sembrava di sentire le onde che lambivano la battigia, come una ninnananna.

Allora non esistevano gli smartphone. Le telefonate tra Londra e Palermo erano troppo care. Tu non avevi neanche un indirizzo e-mail e per comunicare ci scrivevamo lettere. Chissà cosa avrà pensato il postino delle intestazioni sempre più fantasiose che scrivevamo sulle buste: “Alla signorina che riesce a perdersi anche dentro casa sua”, “Alla più cornadure di Mondello”, “A quella disgraziata che ancora non ha risposto alla mia ultima lettera”. 

Ci rivedevamo durante le vacanze, quando tornavo in aereo. Anche quello era molto costoso. Volevamo illuderci che non fosse cambiato nulla e invece era cambiato tutto. Poi sei partita anche tu e per un periodo ci siamo perse di vista. Una volta ci siamo date appuntamento all’aeroporto. Io ero appena tornata mentre tu eri in partenza. In quegli anni ci siamo allontanate, non solo fisicamente. Forse era necessario. Ognuna di noi doveva trovare la sua strada, lontana da casa e lontana dalla nostra isola.
 
Un giorno mi hai telefonato: “Basta, me ne vado!”. Hai mollato tutto: la tua vita all’estero, il lavoro, persino il tuo fidanzato. Il richiamo della Sicilia era troppo forte. Sei tornata e ti sei rifatta una vita nella città in cui siamo cresciute insieme. È stato in quel periodo che ci siamo ritrovate. Ci sono cose che ci siamo raccontate e cose che abbiamo tenuto nascosto. Sono stata al tuo matrimonio e tu al mio. Abbiamo tenuto in braccio i nostri figli appena nati. Abbiamo condiviso momenti gioiosi e momenti dolorosi, lacrime e risate. Abbiamo pianto dal ridere. A volte ci siamo fatte del male. Abbiamo litigato; una volta dopo un bisticcio non ci siamo parlate per giorni. Forse è anche questo il segreto di un’amicizia. Non si può sempre andare d’accordo.
 
Adesso è più facile comunicare. Ci scriviamo su Whatsapp, ci lasciamo messaggi vocali, facciamo le videochiamate su Zoom. Tu mi mandi foto della spiaggia e io dei parchi imbiancati.  Tu mi scrivi che la neve ha il suo fascino e io ti rispondo che mi manca il sole. Dopo tutti questi anni non mi sono ancora abituata al clima nordico. Non è solo il sole che mi manca. Mi mancano le conversazioni tra sconosciuti sull’autobus, mi manca il profumo di zagara in primavera e del gelsomino d’estate, mi manca il sapore dolce del gelo di anguria. Invece quando ti racconto delle piste ciclabili, dei mezzi pubblici che funzionano a ogni ora del giorno e della notte o delle centinaia di parchi giochi sparsi per la città, tu rispondi: “Per noi qui è fantascienza”. 

Forse ti starai chiedendo perché ti racconto tutto questo. In fondo sono cose che sai già. Chissà se coincidono con i tuoi ricordi o se hanno risvegliato delle vecchie memorie. Devi sapere che ieri sera ho ritrovato delle nostre vecchie foto in una scatola in fondo all’armadio e di notte mi sei comparsa in sogno. Eravamo a Mondello come quella volta che c’erano i cavalloni e saltavamo tra le onde. Aspettavamo che l’onda si gonfiasse al massimo e ci tuffavamo dentro per poi riemergere tra la schiuma qualche secondo dopo, come in una gigantesca vasca d’idromassaggio.

All’improvviso è arrivata un’onda più alta delle altre. Mi sono tuffata e quando sono riuscita tu non c’eri più. Ti ho cercata, ho urlato il tuo nome, ma intorno a me c’era solo il mare deserto. Mi sono svegliata con la fronte sudata e la sensazione di essere stata in apnea. Per i primi istanti ho continuato a cercarti nel buio. Non puoi immaginare il mio sollievo quando la mattina presto hai risposto al mio messaggio. 
«Tutto bene, tu? Ci sentiamo più tardi?»

Non ce l’ho fatta ad aspettare fino al pomeriggio e così ti ho scritto questa lettera. Ci sono cose che diamo per scontato, come la nostra amicizia. Chi avrebbe detto che quella festa di tanti anni fa a cui siamo state trascinate di malavoglia dai nostri compagni di scuola avrebbe segnato le nostre vite per sempre. A dopo, amica mia!